Edificio malsano e muffa


Sempre più spesso emergono nuove relazioni tra le fonti di emissioni nocive negli ambienti interni e i disturbi che ne derivano per la nostra salute a causa dell’edificio malsano e muffa. È difficile stabilire quale livello di inquinamento dell’aria, quali sostanze tossiche e in quale concentrazione si possono ritenere sicure o meno per la salute dell’uomo. Anche i valori limite di concentrazione stabiliti a livello nazionale e internazionale si riferiscono a casi standard di persone sane che soggiornano in un determinato ambiente per un dato periodo di tempo. E, ovviamente, non è sempre così. Inoltre il limite di concentrazione che risulta dannoso può dipendere anche dall’utilizzo che facciamo dell’ambiente.

Va comunque specificato che per ambienti indoor si intendono, per definizione, tutti gli ambienti confinati non industriali, in particolare quelli adibiti a dimora, svago, lavoro e trasporto, e rappresentano quindi gli ambienti in cui la media della popolazione trascorre la gran parte del tempo di una giornata.

Già nel 2009 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rilevava una situazione di allarme sulle malattie connesse all’inquinamento indoor e pubblicava delle linee guida sulla qualità dell’aria alle quali sono seguiti studi, pubblicazioni, informative e corsi (tra i quali “Geometra Esperto Edificio Salubre” – il primo nel 2013 – e “Qualità dell’aria indoor nelle scuole, rischi per la salute e prevenzione”, promosso nell’ottobre scorso dall’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca ambientale). Oggi sempre più tecnici si occupano di questa tematica che ha assunto dimensioni notevoli ed è diventata un importante problema di sanità pubblica, con grandi implicazioni sociali ed economiche. In generale i bambini, gli anziani e i soggetti più deboli sono i più colpiti dalle conseguenze dell’inquinamento dell’aria in-door, specialmente in ambito domestico. In Europa l’inquinamento indoor è responsabile del 4,6% delle morti nei bambini da 0 a 4 anni, per infezioni respiratorie acute. In alcuni Paesi europei il 20-30% delle famiglie ha problemi di umidità nelle abitazioni con un conseguente aumento del 50% del rischio di problemi respiratori e il 13% di casi di asma infantile (OMS 2009).

Tra le patologie correlate agli edifici, le malattie allergiche respiratorie hanno un grande rilievo per il loro impatto sulla salute e la loro incidenza sta aumentando in tutta Europa. La qualità dell’aria indoor è influenzata da molteplici fattori inquinanti, dalle normali attività metaboliche di piante ed animali e da tutti i processi di combustione. Ma quali sono i principali fattori inquinanti che possiamo trovare negli spazi confinati che normalmente frequentiamo?

  • Presenza di inquinamento chimico: la quasi totalità degli inquinanti chimici deriva dai VOC – composti organici volatili, contenuti nella maggioranza dei profumi, detersivi, pitture, vernici, materiali edili ecc.
  • Presenza di particolato: PM 10, PM 2,5, PM 1, e le cosiddette “nanopolveri”.
  • Presenza di carico allergenico: muffe, acari, funghi.
  • Presenza di concentrazione di metalli pesanti, generalmente contenuti nell’acqua potabile.

All’inquinamento indoor si attribuiscono almeno tre tipologie patologiche. La Sick Building Syndrome SBS o “sindrome da edificio malato”, denota il complesso di sintomi generali che colpiscono la maggior parte delle persone che soggiornano in determinati tipi di edifici. I sintomi, che di solito spariscono abbandonando l’edificio, sono stati classificati in cinque gruppi principali:

  1. manifestazioni respiratorie: sensazione di irritazione, secchezza delle mucose nasali, faringee, in misura minore forme asmatiche;
  2. manifestazioni oftalmiche; secchezza e irritazione delle mucose degli occhi;
  3. manifestazioni cutanee: arrossamenti della pelle, secchezza, in alcuni casi eritemi e dermatiti;
  4. manifestazioni olfattive e gustative: sensazioni sgradevoli a carico degli organi addetti all’odorato e al gusto;
  5. manifestazione neuropsichiche: astenia, torpore, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, diminuzione della memoria, mal di testa, talvolta nausea e vertigini.

La Building Related Illness BRI o “sindrome provocata dagli edifici”, denota condizioni di vere e proprie malattie, con quadro clinico definito, le cui cause sono identificabili come correlate all’edificio. La letteratura scientifica tende prevalentemente a considerare come BRI patologie correlate all’esposizione prolungata ad agenti fisici e batterici presenti negli ambienti di vita.

A differenza della SBS il complesso delle BRI procura danni prolungati, a volte irrimediabili, alla salute degli occupanti gli spazi inquinati. In questi casi i sintomi non spariscono allontanandosi dagli ambienti, ma si rendono necessarie cure mirate e la bonifica radicale degli ambienti. La “Multiple Chemical Sensivity” MCS o “intolleranza a molteplici sostanze chimiche”, denota il manifestarsi di una intolleranza a molteplici sostanze chimiche e una sensibilità multipla alle stesse.

Viene definita un “affezione cronica”, quindi che perdura nel tempo e si prolunga per almeno tre mesi. I sintomi sono stimolati dall’esposizione indoor a sostanze chimiche, di diversa classe strutturale e differenti modalità di azione, e possono essere classificati in 3 gruppi principali:

  • sintomi a carico del sistema nervoso centrale;
  • sintomi irritativi;
  • sintomi neuro-vegetativi.

Una volta iniziata, la sensibilizzazione persiste indefinitamente; può attenuarsi dopo la cessazione dell’esposizione e ricomparire ad ogni esposizione successiva. La MCS viene correlata strettamente alla SBS e può rappresentare sotto alcuni punti di vista, la cronicizzazione della sintomatologia caratteristica della SBS stessa.

Muffe, condense, funghi

In questa trattazione ci vogliamo occupare degli inquinanti di origine biologica, escludendo tutti gli altri inquinanti, non perché siano meno pericolosi, ma semplicemente per proseguire i temi già affrontati nei precedenti articoli pubblicati. Abbiamo già visto che muffa e condensa dipendono dagli stessi fattori – che sono temperatura superficiale, umidità relativa interna e tempo di esposizione – ma non sono la stessa cosa. La condensa è un fenomeno che può presentare un carattere anche solo occasionale: la temperatura della parete scende fino al punto di rugiada e il vapore contenuto nell’aria condensa. La muffa si forma invece si forma quando la temperatura della parete scende sotto un certo valore limite per un tempo più lungo. Si può avere formazione di muffa senza arrivare necessariamente a situazioni di condensa, con temperature e umidità insospettabili ma che perdurano per tempi lunghi.

Ricapitolando: le condizioni che causano la formazione di muffa sono:

  • temperatura superficiale delle strutture, che sotto una certa soglia diventa critica;
  • umidità relativa, che sopra una certa soglia diventa critica;
  • durata delle condizioni critiche.

A loro volta, queste condizioni derivano da altre. La temperatura superficiale delle strutture dipende da temperatura interna, temperatura esterna e grado di isolamento della struttura. L’umidità relativa interna dipende dall’umidità naturale dell’aria, condizionata dalla produzione di umidità delle persone che abitano, dalla presenza di animali, dalla quantità equalità della ventilazione.

Cos’è la muffa?

La muffa è composta da funghi che si riproducono per mezzo di spore e possono causare danni nell’uomo in particolare all’apparato respiratorio. La muffa è composta da microrganismi viventi, che continuano a proliferare a colonie sui muri deteriorando prima le pitture esterne e poi l’intonaco. Infatti, le muffe si manifestano prima con piccoli puntini neri, che si allargano fino a diventare macchie scure compatte.Ma la muffa non è solo un danno estetico da eliminare periodicamente: come abbiamo visto, è causa di numerose e gravi patologie per l’uomo, oltre che di danni notevoli al fabbricato. I rischi per la salute sono proporzionali all’estensione delle formazioni di muffa e comprendono frequenti irritazioni degli occhi, della pelle e delle vie respiratorie, nonché allergie. Con il tempo, le irritazioni delle vie respiratorie possono provocare una bronchite cronica (tosse) e l’asma. Inoltre, e non per ultimo, sono sospettati di veicolare raffreddori. Per le persone affette da determinate malattie specifiche e quelle immunodepresse, il rischio è molto elevato, così come per bambini ed anziani.I danni al fabbricato comprendono danni alla struttura e agli arredamenti interni.Se quindi abbiamo già analizzato – anche negli articoli precedenti – come una adeguata ventilazione degli ambienti consenta di controllare temperatura e umidità relativa, cosi come la concentrazione degli inquinanti; se abbiamo già scritto molto sulla necessità di isolare bene le case perché è fondamentale dal punto di vista energetico; se abbiamo insistito molto sulla necessità di “correggere” i ponti termici per ridurre le dispersioni ma, soprattutto per non esporre le nostre abitazioni al rischio “muffa”, resta il fatto che gran parte del nostro patrimonio edilizio porta in sé questi “difetti” ai quali non eravamo abituati a fare fronte.Vediamo pertanto, nella seconda parte di questo articolo, alcuni suggerimenti tecnici molto concreti proprio per correggere quelle situazioni in cui non è possibile fare altrimenti.

Se abbiamo visto come le muffe possono comportare problematiche anche molto serie alla nostra salute, si tratta allora di capire come è possibile prevenirla quando, nonostante la buona aereazione dei locali, esse persistono a formarsi. In queste brevi note riprendiamo il tema dei materiali, e in particolare quello dei sistemi un po’ meno invasivi che puntano al controllo “passivo” delle muffe con un contributo, piuttosto limitato in verità, al risparmio energetico. Naturalmente limitiamo, per il momento, il campo ai materiali più adatti ad intervenire per effettuare “correzioni” sul patrimonio edilizio esistente.

Il Calciosilicato

Il silicato di calcio o calcio silicato è un materiale isolante, in-combustibile ecologico, e biologicamente inerte che non contiene amianto o fibre pericolose per l’uomo. Viene ottenuto in autoclave dalla miscelazione di sabbia non quarzosa, calce e cellulosa: da questo processo si ottengono blocchi leggeri e resistenti (a titolo di esempio una lastra di 50Å~50 cmdi spessore 2,5 cm pesa solo 1,50 kg. – densità 240 kg/m3 – e, in genere, con una conduttività pari a 0,06 W/m2K). Va subito fatta una precisazione: non bisogna assolutamente confondere il silicato di calcio con il l’idrato di silicato di calcio. Si tratta di materiali con una denominazione molto simile ed alcune componenti e in comune, ma con caratteristiche finali e proprietà molto diverse.

Faremo qui solamente un cenno all’Idrato di Silicato di Calcio, per dire che ha una massa minore (intorno a 90-110 kg/m3) e un potere isolante maggiore: 0,045 W/m2K ma, soprattutto, una composizione fisico-chimica sensibilmente diversa. Mentre il silicato di calcio è infatti un materiale antimuffa per eccellenza per l’isolamento termico a cappotto interno con funzione igroregolatrice, l’idrato di silicato di calcio viene considerato un calcestruzzo cellulare porizzato, ottimo per la coibentazione a cappotto esterno, ma che non sempre può essere utilizzato per cappotti interni senza una adeguata analisi del contesto o verifica con software di analisi dinamica(tipo WUFI, di cui si è fatto cenno in un articolo precedente). Il calcio silicato, invece, consente di sommare due proprietà fondamentali: l’igroscopicità ed il pH elevato, in genere al- meno pari a 10,5.

Grazie alla igroscopicità, che è la capacità di un materiale di assorbire acqua, ovviamente senza subire danneggiamenti e senza perdere potere isolante, il pannello è in grado di favorire una relativa igroregolazione naturale passiva e cioè di assorbire l’umidità ambientale prodotta in eccesso in un determinato locale e di restituirla all’ambiente quando questo – grazie alla ventilazione o alla accensione dell’impianto di riscaldamento – tende a ridurre il tasso di umidità. Grazie alla sua altra proprietà, il pH elevato, il calcio silicato è inoltre in grado di opporre una “barriera naturale” alla proliferazione della muffa in quanto essa ha biologicamente necessità di ambiente acido per svilupparsi.

Il terzo elemento che contribuisce alla sua efficacia è che, benché il calcio silicato venga applicato con spessori bassi spessori (2-4 cm) e non abbia un elevato potere coibente, fornisce comunque un contributo significativo e, in qualche caso risolutivo, all’innalzamento della temperatura superficiale delle pareti interne. E, lo ricordiamo dagli articoli prece-denti, è noto che con umidità relativa dell’80% e temperatura superficiale inferiore a 16,7°C potrebbe già innescarsi il fenomeno di crescita della muffa.

Le diverse fasi di applicazione del Calciosilicato

  1. Rimozione della muffa.
  2. Posa dei pannelli sulle pareti picchiettate.
  3. Taglio con sega a mano di un pannello.
  4. Lavoro intorno al cassonetto che verrà poi sigillato e coibentato.
  5. Stesura dello strato di colla prima della posa.
  6. La pittura ecologica traspirante da applicare a conclusione dei lavori.

Ci si può dunque attendere che la applicazione di un pannello di calciosilicato innalzi la temperatura superficiale di circa 2°C. Vi è infine un ulteriore elemento da considerare, ed è il miglioramento della sensazione di confort ambientale dovuto all’incremento di temperatura superficiale delle pareti disperdenti (aumento temperatura operante) che, insieme alla capacità igroscopica, permette di ridurre la ventilazione per eliminare i picchi di umidità (ad esempio in bagni, cucine, ecc). Ancora, per chiudere, altre due caratteristiche utili da segna-lare: il calcio silicato mantiene le sue caratteristiche inalterate nel tempo (oltre 50 anni come la maggior parte dei materiali usati in edilizia) e, anche quando ha assorbito il vapore acque ambientale ed è quindi umido, non perde il suo potere coibente.

In questa trattazione non si entra nel merito delle modalità di posa, che limitiamo alle immagini di una applicazione eseguita, ma segnaliamo che le ditte produttrici di questo materiale hanno in listino un pezzo speciale a cuneo utile a “completare” la riduzione del ponte termico di un solaio superiore il cui cordolo “porta” all’interno del locale una fascia fredda di profondità variabile ma, in genere, di 20-30 cm.

Realizzando quindi un “piccolo” cappotto isolante e traspi- rante interno, riusciamo ad eliminare in soli 3,0 cm tutti i ponti termici consentendo un certo risparmio energetico, il risana- mento di locali umidi e, soprattutto, l’eliminazione delle muffe.Ovviamente questo prodotto ha dei limiti oggettivi che vanno comunque segnalati e ne ricordiamo i due principali:

  • il costo non indifferente: il prodotto in opera con il ciclo completo degli strati di finitura, che devono essere sempre di qualità e traspiranti, varia dai 90 ai 120 €/m2 per lo spessore di 3 cm. Il solo costo di acquisto del pannello si aggira mediamente intorno ai 50 €/m2;
  • la necessità di verificare l’eventuale adeguamento di impianti (elettrico, radiatori, cassonetti, ecc.) e, per quanto ridotto, lo spessore comporta comunque una riduzione del locale in cui viene realizzato, problema che si aggrava in presenza di arredi realizzati a misura ad incastro tra le pareti.

Se questi sono i limiti del rivestimento interno in calcio silicato vediamo se e quali altri materiali possono offrire prestazioni confrontabili a spessore e prezzo minore.

Vernici nanoceramiche

Veniamo ora ad accennare alla presenza sul mercato di vernicia base di sfere “nanoceramiche” che, senza spessore, con costi inferiori e in modo meno invasivo, affrontano in modo che definiamo ancora di tipo”passivo” il problema delle muffe sui ponti termici. Anche qui va fatta subito una netta distinzione fra questa tipologia di prodotti e le cosiddette “pitture antimuffa”. E la distinzione consiste in questo: mentre i prodotti “nanotecnoligici” creano un pur sottilissimo strato isolante che aumenta la temperatura superficiale, la tipica pittura antimuffa agisce in modo completamente diverso combattendo lo sviluppo della muffa con prodotti biocidi di vario genere opportunamente additivati alle pitture murali. Il limite di questa soluzione è naturalmente legato al fatto chele superfici interne della nostra abitazione vengono trattate con prodotti tossici – la loro tossicità, evidentemente, non può limitare i suoi effetti alle sole muffe – e a quella che è durata limitata nel tempo del potere biocida: uno, due tre anni? E poi? E poi la muffa comincia a rifiorire, se il problema non viene affrontato a monte sconfiggendo il ponte termico o migliorando la gestione della abitazione. È dunque evidente che questa gamma di prodotti non ha nulla a che fare con un approccio al problema passivo e attento alla salute dell’uomo.

Cos’è invece il trattamento con vernici “nano”?

A seconda delle marche in commercio può essere una vernice contenente appunto nanosfere che presentano all’interno un vuoto che ingloba calore quando lo stesso passa attraverso la parete. Per questo la superficie trattata si scalda (e risulta anche più calda al tatto), condizione sfavorevole allo sviluppo della condensa, che normalmente prolifera nei punti più freddi. Si tratta, quindi, di un effetto anticondensa indiretto, perché si vanno a migliorare i valori di temperatura della parete. Questo vuoto all’interno della nanosfera conferisce anche un leggero effetto termoisolante, per grandezze però poco rilevanti. Come dire che con questo materiale si avrà presumibilmente un limitatissimo risparmio energetico anche se hauna discreta efficacia per l’innalzamento localizzato della temperatura superficiale.

L’altra caratteristica che lo rende efficace come prodotto anti-muffa è il fatto che la la nanosfera è rivestita da ingredienti nanotecnologici inibitori, che permettono di creare una barriera protettiva antibatterica sulla parete trattata semplicemente eliminando dalla parete stessa il nutrimento per i microorganismi e le spore della muffa, conferendo quindi una proprietà batteriostatica in condizioni che potrebbero essere favorevoli alla proliferazione delle muffe.

Altro elementi caratterizzanti sono la elevata traspirabilità e l’assenza di prodotti potenzialmente tossici. Uno di questi materiali, sperimentato in più occasioni nel corso di alcuni anni, viene applicato – previo accurato ciclo di rimozione delle muffe eventualmente esistenti – in tre strati applicati in successione solo a completa asciugatura dello strato precedente. Può essere applicato a pennello, a rullo, a spruzzo. Ultimati i trattamenti il prodotto si presenta come un sottile strato traslucido che lascia vedere i colori sottostanti lasciando un “effetto bagnato”. Ad avvenuta totale asciugatura del terzo strato la superficie può venire tinteggiata con una normale pittura traspirante di buona qualità. Il costo di questo materiale è variabile in funzione delle marche e dei brevetti; quello sperimentato ha una inci-denza per l’acquisto del solo materiale di circa 12-16 €/m2 che può raggiungere per il ciclo completo con unabuona tinteggiatura, circa 35-45 €/m2. Alcune immagini di una sperimentazione eseguita 3 anni fa consentono di “leggere” perfettamente il con- fronto tra le parti trattate e quelle non trattate dove inbreve tempo la muffa ha fatto la sua ricomparsa.

Starà quindi a noi tecnici valutare di volta in volta, in funzione del tipo di problema nonché del budget disponibile adottare la soluzione più adeguata. È del tutto evidente che in questa trattazione non sono state affrontate le coibentazioni interne che, innalzando in modo deciso le temperature interne, ovviamente contribuiscono a combattere le muffe ma, come anticipato in premessa, abbiamo volutamente scelto di circoscrivere il tema.